Lo scopo della pubblicità, perché va fatta

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Pubblicità e Advertising sono sinonimi che rispondono esattamente alla stessa esigenza conoscitiva. Una termine è utilizzato in Inglese, l’altro in Italiano. L’immenso mondo che ruota attorno al Marketing e alla Comunicazione, compresi i numerosi addetti del settore, è sempre più orientato all’utilizzo univoco della lingua inglese. Questa convergenza è ancor più accentuata se si fa riferimento al Web Marketing che azzera gli sforzi di traduzione tra lingue diverse e utilizza quasi totalmente un lessico anglosassone. Partecipano, con decisione, tool e strumenti di supporto alle attività di marketing, che coniano metriche proprie assegnandovi nomi quasi sempre filo-britannici. È pertanto opportuno scegliere una modalità narrativa che non induca in confusione: da qui in poi, l’utilizzo dei termini “Advertising” e “Pubblicità” è da intendersi del tutto arbitrario e interscambiabile.

Quando si parla di pubblicità, naturalmente, si fa fatica a collocarla univocamente nell’ambito del Marketing o della Comunicazione, tuttavia, l’accezione che vogliamo dare a questo articolo riguarda essenzialmente l’aspetto emotivo che l’advertising evoca quando messo in atto (attraverso strategie di marketing, appunto); quello che vogliamo analizzare è appunto il messaggio e gli scopi per cui questo venga prodotto, non il mezzo attraverso cui veicolarlo.

Cosa è l’Advertising

La Pubblicità è la veicolazione di un messaggio, generalmente a pagamento, attraverso mezzi differenti, al fine di ottenere una propaganda commerciale di un prodotto o servizio a cui il messaggio stesso faccia riferimento. Avete mai sentito una Pubblicità parlare di qualcosa di inesistente, o magari visto un’azienda fare Pubblicità per diffondere il prodotto di un’azienda concorrente? È erroneamente intesa come forma di comunicazione destinata ad un elevatissimo numero di persone, poiché una buona propaganda Pubblicitaria, magari altamente convertibile, potrebbe essere destinata ad un target decisamente ristretto rispetto alla platea di possibili riceventi.

Nella Pubblicità viene spesso individuato il solo scopo di aumentare le vendite, cosa che risulta assai scorretta; un importantissimo ruolo svolto dalla Pubblicità consiste nell’ottenere un comportamento favorevole da parte del pubblico nei confronti dell’azienda o del prodotto che si pubblicizzi. A tal proposito, il processo pubblicitario che intensifichi la brand awarness di una marca è genericamente identificato come “branding” (concetto in realtà ben più ampio).

L’Advertising può essere analizzato da due grandi punti di vista differenti:

  • quello del pubblico,
  • quello dell’impresa.

Nel primo caso ha il compito di fornire informazioni utili a ridurre i tempi di ricerca, nel secondo si occupa di stimolare le preferenze e fornire input all’acquisto.

Anche se in modo trasversale, qualsiasi opera di promozione deve giustificare il proprio costo sulla base di un ritorno economico misurabile in un aumento delle vendite, ragion per cui ogni obiettivo pubblicitario deve comunque rientrare nei più ampi obiettivi di marketing. L’Advertising ha quattro particolari caratteristiche che vanno presentante per comprenderne a fondo la natura:

  • uniformità, in quanto seppure con le dovute eccezioni in caso di advertising dinamico (o liquido), la pubblicità rappresenta uno strumento di comunicazione rivolto alla massa, che disponga di un tipo di offerta standard.
  • persuasività, poiché si tratta di uno strumento volto alla comunicazione positiva dell’impresa, in cui i messaggi siano particolarmente accentuati su note elogiative e diano notevole priorità al successo dell’azienda.
  • impersonalità, perché non proveniente da persona fisica (tranne nei casi di personal branding) ma retta solitamente da affermazioni indipendenti, messaggi privi di validità esperienziale ma formulati a priori; questa circostanza è tuttavia non assoluta.
  • unidirezionalità, considerata l’impossibilità di ricevere una risposta atta ad innescare un dialogo conseguente al messaggio promozionale inviato; l’input fornito ha una singola chance per soddisfare le aspettative del destinatario.

Gli obiettivi della pubblicità

Come già noto, l’advertising svolge un ruolo informativo basato sulla trasmissione di un messaggio capace di migliorare la percezione dell’impresa. Questa percezione può essere intesa come punto di arrivo nel caso in cui si parli di pubblicità progresso o affermazione della brand awarness senza pianificazione di un ROI (return of investment), viceversa come perno per l’incremento dell’attività commerciale dell’azienda, inducendo a un incremento delle vendite. Al di là di questi obiettivi palesi e dichiarati, è possibile rintracciare obiettivi specifici.

Creare o sviluppare la domanda primaria

Il bisogno stesso di qualcosa è frutto di uno stimolo esperienziale. Non abbiamo realmente bisogno di qualcosa finché non siamo a conoscenza della sua esistenza. L’affermazione di questo bisogno è alla base dell’efficacia della comunicazione. Qualora l’obiettivo sia quello di creare la suddetta domanda primaria, le possibili prospettive saranno tre:

  • il bisogno è presente nelle persone quotidianamente,
  • il bisogno è noto ma trascurato, si manifesta casualmente,
  • il bisogno è inesistente o completamente dimenticato.

Sempre tenendo bene a mente che in questa occasione la pubblicità è analizzata in relazione alla sua capacità di creare la domanda, vanno formulate tre considerazioni.

A seconda della fase in cui ci si ritrovi, rivolgendosi a una platea di potenziali clienti, la pubblicità ha risultati differenti. Nel primo caso, potrebbe essere addirittua superflua, agendo su prodotti o servizi che in maniera regolare sono sottoposti all’attenzione delle persone; nel secondo caso la pubblicità è utile per far riaffiorare alla mente lo stimolo all’acquisto di quel prodotto, indicando le circostanze in cui il prodotto potrebbe rivelarsi utile e non concentrandosi direttamente su prodotto stesso; è nell’ultimo caso che però si manifesta completamente l’obiettivo prescritto, creare la domanda, poiché il prodotto fino ad ora sconosciuto o di nuova concezione viene presentato sia nelle sue funzioni cardine che nelle circostanze di utilizzo, investendo il destinatario del messaggio con un flusso di stimoli che soddisfi ogni esigenza conoscitiva.

Creare o conservare la brand knowledge

La brand knowledge (o conoscenza di marca) è un concetto ben più ampio di quanto si creda. Essa infatti si scinde in due differenti valutazioni, una riferita alla notorietà della marca e quindi alla sua capacità di rispondere alla domanda con l’immediato collegamento logico al brand, l’altra riferita all’immagine di marca e quindi alla percezione che il pubblico ha del brand considerato in assoluto o in relazione alla concorrenza.

Questi due ambiti differenti sono riferiti a fasi della vita di un brand differenti. In un primo momento, ogni marca, avrà lo scopo di affermarsi sul mercato proponendosi come valida o addirittura unica risposta a una data domanda; solo successivamente si penserà a conservare intatto il valore insinuato nelle persone. Mentre nel primo caso la pubblicità agisce su aspetti molto più emotivi, rievocando sensazioni e sentimenti, nel secondo caso inciderà su fatti più concreti come se fornisse suggerimenti sulle modalità di reperimento del prodotto o servizio.

Ne deriva che creare la brand knowledge preveda un approccio quantitativo mentre mantenerla un approccio qualitativo. La notorietà di marca mira al raggiungimento del maggior numero possibile di acquirenti, l’immagine di marca, quindi la percezione che il mercato ne ha (brand perception), fornisce un raggio d’azione più ampio alle strategie pubblicitarie, che mirano a:

  • messa in evidenza di una caratteristica che differenzi la marca dalla concorrenza,
  • mantenimento della convinzione della dominanza del brand sul mercato,
  • eliminazione di atteggiamenti negativi verso il brand tramite il suo accostamento a valori altamente positivi per etica e morale,
  • riposizionamento del brand tramite il collegamento a bisogni istintivi dell’uomo,
  • messa in evidenza di aspetti della marca non subito considerati.

Incanalare la volontà d’acquisto

Una ricerca dell’Eurisko condotta su bambini tra i 2 e gli 11 anni ha indagato sulla mole di informazioni pubblicitarie a cui i bambini vengano sottoposti e sul loro peso decisionale nelle dinamiche di famiglia, naturalmente secondario agli stimoli ricevuti dai messaggi pubblicitari. Ne deriva che se un bambino (mediamente) guardasse la televisione per 2 ore al giorno su un network nazionale attivamente impegnato con campagne televisive di advertising, quel bambino sarebbe sottoposto a più di 30.000 spot in un anno, di cui circa 5.000 riguardanti alimenti dolci e salati di vario genere che inevitabilmente finiranno nelle credenze e sulle tavole della famiglie di cui questi bambini facciano parte.

La pubblicità non si limita a vendere soltanto prodotti ma, grazie all’insistenza del messaggio e alla modalità di comunicazione, si spinge a “vendere modelli e modi di essere”: i contesti in cui le pubblicità vengono sviluppate sono sempre positivi e il non allinearsi a questi contesti può indurre -alla lunga- un senso di inadeguatezza notevole. Basti pensare ai protagonisti degli spot ritratti sempre come vincenti, collocati in ambienti sempre felici e dinamici: chi viene sottoposto a questo tipo di comunicazione non può che ricercare nell’acquisto di un prodotto l’appagamento sociale più che il mero scopo commerciale. La memorizzazione è l’elemento cardine che rientra tra gli scopi primari della pubblicità: ripetere in momenti specifici il messaggio non è casuale, tutto mira a creare coscienza del prodotto tale che lo si associ a una dinamica sociale desiderabile, facendo naturalmente sì che questa associazione sia più immediata possibile. L’obiettivo è quello di creare un’impressione e non semplicemente dare informazioni, la persuasione è costruita su meccanismi emotivi e non razionali.