Stretching e riscaldamento prima e dopo l’allenamento

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Non è facile inquadrare il riscaldamento e lo stretching in contesti differenti, nonostante si tratti di due pratiche distinte, infatti, sono molti gli atleti che non hanno ben chiare quali siano le prerogative dell’una e dell’altra pratica. Cerchiamo di entrare nel dettaglio e capire davvero cosa si intenda con stretching e cosa con riscaldamento.

Lo stretching

Con il termine stretching (di derivazione inglese da to stretch : allungare, distendere) si intendono le tipologie di esercizi che comportino l’allungamento attivo o passivo dei muscoli e dei tendini, effettuato gradualmente al fine di dare elasticità e benessere al corpo sia come pratica a sé stante che in relazione all’allenamento.

Se prolungato nel tempo e condotto con regolarità, lo stretching è considerato una vera e propria attività ginnica, e a testimoniare tale affermazione vi è un sempre crescente numero di palestre che propone attività analoghe o propriamente incentrate sullo stretching come corsi indipendenti e dunque come attività slegata da ogni altra pratica.

Lo stretching ha il vantaggio di poter essere considerato un metodo naturale poiché i suoi movimenti tipici, quelli di distensione, sono tipici della nostra esperienza vitale come quando da bambini ci si “stiracchia” o quando appena svegli o successivamente a lunghe ore fermi nella stessa posizione sentiamo il bisogno di “stirarci”.

I benefici dello stretching

L’esercizio dello stretching fa parte dei processi corporei naturali, quasi al pari della respirazione o dell’alimentazione. Vista la sua notevole importanza e “componente vitale” va da sé capire quanto sia essenziale il suo inserimento all’interno della propria scheda di allenamento. Le ragioni sono di semplice ed immediata intuizione anche da un punto di vista specifico:

  • stimola la produzione di liquido sinoviale e rinforza le articolazioni che vi si sottopongono, opponendosi alle calcificazioni frutti dell’età e della poca mobilità;
  • la muscolatura, i tendini ed i legamenti diventano maggiormente elastici e di conseguenza più forti e resistenti allo stress a cui vengono sottoposti quotidianamente o durante gli allenamenti, favorendo così una diminuzione nell’insorgenza di alcune tipologie di traumi;
  • vengono facilitati i processi respiratori attivi, aumentano il numero di atti e la qualità degli stessi, ottenendo di conseguenza un miglioramento globale delle condizioni corporee dovute ad una migliore circolazione sanguigna e il conseguente abbassamento della pressione arteriosa;
  • il sistema nervoso agisce sul sistema ormonale riducendo i livelli di stress grazie alla stimolazione dei recettori muscolari che informano il cervello di un progressivo rafforzamento delle strutture corporee rispetto alla capacità di difesa e coordinazione.

Come effettuare bene lo stretching

Apriamo una breve parentesi segnalando che lo stretching può anche essere effettuato come pratica di riabilitazione, ma in questo caso le dinamiche e le direttive in cui si svilupperebbe e a cui sarebbe sottoposto sarebbero completamente diverse. Lo stretching, inteso come pratica da effettuare durante l’attività motoria, in assenza di patologie pre-esistenti, ha delle regole ben precise da seguire per evitare di incorrere in spiacevoli inconvenienti di natura traumatica.

Le azioni di distensione non devono essere compiute a freddo poiché, qualora il corpo non fosse sufficientemente riscaldato, la distensione eccessiva provocherebbe un cosiddetto “strappo”o “stiramento”. Il consiglio migliore è quello di effettuare uno stretching più intenso al termine di una seduta di allenamento o di una singola serie.

Qualora invece vogliate fare stretching prima di una seduta di allenamento, il consiglio è quello di compiere gli esercizi per almeno 15 minuti, variando continuamente tecniche e movimento di allungamento.

Durante ogni esercizio di stretching ricordate di fare profondi respiri che favoriscano il massimo rilassamento, ricordate di effettuare le distensioni lentamente e con grande controllo, senza oscillazioni, senza arrivare ad avere dolore ma solo una piacevole sensazione di stretch, inoltre ricordate di mantenere la posizione per almeno 30 secondi una volta raggiunto la massima distensione; al termine di questi secondi è importante lasciar andare il corpo al ritorno in una posizione di riposo in modo lento evitando assolutamente tutti i movimenti repentini e veloci. È inoltre importante non trattenere il respiro. Ripetete ogni singolo esercizio riservato ad una specifica area muscolare almeno due/tre volte senza però mai esagerare ed evitando di superare le vostre reale flessibilità.

Molti professionisti consigliano di visualizzare il muscolo che si sta cercando di allungare, al fine di migliorare il proprio schema corporeo e la percezione dei miglioramenti ottenuti con conseguenze miglioramento dell’apprendimento generale dei differenti esercizi.

Lo stretching può essere sia attivo, vale a dire sfruttando l’elasticità dei propri muscoli, sia passivo, cioè facendosi aiutare da una seconda persona; in caso di primo approccio a questa tipologia di esercizi è fortemente consigliato il “fai da te” in quanto un’eccessiva spinta da parte dell’aiutante potrebbe facilmente superare i limiti attuali del corpo sottoposto a stretching.

Il riscaldamento

Sentiamo spesso i nostri personal trainer o qualsiasi altro istruttore di sala attrezzi soffermarsi sull’importanza del riscaldamento nella fase che precede gli esercizi di forza o resistenza. Molti “atleti” tendono a sottovalutare questa fase ritrovandosi successivamente a fare i conti con fastidiosi inconvenienti o addirittura pericolose lesioni alle strutture corporee implicate negli esercizi.

I motivi fondamentali per cui il riscaldamento sia necessario prima del vero e proprio allenamento sono tre e sono riconducibili allo stesso scopo: l’importanza di evitare i traumi.

  • È infatti durante il riscaldamento che il sangue affluisce alle zone messe sotto stress che successivamente andranno allenate, in modo particolare verso tendini e legamenti che di norma sono poco irrorati rispetto ai muscoli perché meno vascolarizzati.
  • Tramite il movimento, le articolazioni riscaldano il liquido sinoviale che si trova tra le ossa vicine e permette loro di non creare attrito nel muoversi, favorendo così la migliore esecuzione degli esercizi successivi.
  • All’interno dei muscoli si trovano dei recettori, presenti anche nei tendini, che vengono attivati durante il riscaldamento; questi recettori hanno il difficile compito di attivare i meccanismi cerebrali capaci di gestire e rispondere agli stimoli periferici (come il sollevamento dei pesi massimale o la risposta reattiva) e provocare azioni riflesse che ci impediscano di danneggiare il corpo.

I recettori sopracitati partecipano attivamente all’esercizio sia nella sua fase di massima espressione, quando cioè stiamo allenando intensamente il muscolo per il nostro scopo, che si tratti di ipertrofia o definizione, in isometria o al fine di stimolare la reattività. Questi recettori sono noti come fusi neuromuscolari, presenti nel tessuto contrattile e attivi nel segnalare la velocità di stiramento e la lunghezza raggiunta dal muscolo nell’esercizio, e gli organi tendinei del Golgi, localizzati tra tendini e fibre muscolari, che invece regolano il livello di tensione prodotto dal muscolo sia in allungamento che viceversa.

È estremamente importante comprendere quali siano queste funzioni e la loro importanza per poter davvero comprendere l’importanza del riscaldamento nel pre-allenamento: se infatti il corpo si appresta all’allenamento in una condizione in cui la sua architettura muscolare sia “fredda”, l’intero meccanismo sopra descritto viene a mancare e la risposta agli stimoli può avvenire in modo non completo, danneggiando sia in modo diretto il muscolo che in modo indiretto in seguito a deficit di forza o di tensione capaci di causare rovinosi incidenti. In effetti il meccanismo è di semplice comprensione: basti pensare che in caso di stiramento o accorciamento eccessivo, i recettori in questione inibiscono direttamente l’attività del muscolo evitando che si sovraccarichi, cosa che appunto non avviene se questi recettori non siano stati opportunamente stimolati precedentemente.

Il riscaldamento come attività aerobica

Il riscaldamento non è altro che un’attività aerobica, vale a dire un esercizio o una serie di esercizi eseguiti in presenza di una certa irrorazione di ossigeno a favore della muscolatura coinvolta; in questo caso, i distretti muscolari a cui sia assegnato lo sforzo possono trarre vantaggi dall’usufrutto dell’ossigeno senza andarne in debito o deficienza.

Questo approccio è tipico del fitness mentre è distante da concezioni più hard della cura del corpo come nel caso del body building che appunto è un’attività anaerobica.

È dunque importantissimo allenarsi avendo prima praticato un opportuno riscaldamento condotto senza giungere ad avere il cosiddetto “fiatone”, poiché in questa circostanza l’ossigeno non favorisce un naturale processo di aiuto al muscolo ma piuttosto, in sua assenza, il muscolo considerato si stanca e così l’intero organismo.

Riscaldamento al termine

Il riscaldamento, o quantomeno l’attività aerobica che lo contraddistingue, può essere effettuato anche (non soltanto) al termine di una seduta di fitness o body building, inteso come defaticante o pratica di riposo attivo. Il senso è da ritrovarsi nei prodotti di scarto dei muscoli rilasciati al termine di ogni serie, tra questi il più noto è l’acido lattico; una buona pratica defaticante successiva ad ogni serie o al termine di una seduta intera può favorire l’eliminazione di questi metaboliti, migliorando così i tempi di recupero. Questa importante fase di riposo attivo, se condotta su attrezzi di uso comune come cyclette e tapis roulant, è resa ancora più favorevole dall’integrazione di una becamenta di carboidrati per via di un processo di nutrizione muscolare che facilita l’entrata degli zuccheri all’interno dei muscoli stessi grazie al loro movimento.