Ethereum 2.0: la svolta tanto attesa dagli appassionati di crypto

- Tempo di lettura 3 minuti -

Il mondo della criptovaluta è in continuo movimento: da quando è stata creata, questa moneta ha assistito a evoluzioni incredibili, dando la possibilità a sempre più utenti in tutto il mondo di partecipare a una vera e propria rivoluzione finanziaria. Più la tecnologia blockchain si adatta alle esigenze delle persone, maggiori sono le sue utilità e quindi la sua diffusione. Ci sono poi blockchain più propense alle trasformazioni e altre più statiche; tra le prime va sicuramente inclusa Ethereum, la seconda crypto al mondo per capitalizzazione di mercato, dopo Bitcoin.

Grazie alla sua tecnologia in continua evoluzione, oggi comprare Ethereum è diventato ancora più semplice, perché due sono le versioni di questa crypto: Ethereum Classic ed Ethereum 2.0 Cerchiamo di capire in maniera semplice e concreta in cosa consistono le differenze.

L’hard fork di Ethereum

Per chi non è un grande appassionato di tecnologia, il termine “hard fork” può sembrare arabo. In realtà il concetto che c’è dietro è molto semplice, e non eccessivamente lontano da come lo chiameremmo in italiano. Una “fork” è una biforcazione, che avviene quando una data realtà non è più compatta al proprio interno e si verifica una separazione. Ed è proprio quello che è avvenuto ad Ethereum, con la hard fork (ovvero biforcazione netta) della scorsa estate.

Come succede in ogni campo, all’interno di un gruppo possono crearsi dei disaccordi: spesso c’è chi vuole innovare e chi invece preferisce rimanere nel sistema invalso fino a quel momento. La tecnologia blockchain di Ethereum è nata come proof of work, allo stesso modo di Bitcoin, per intenderci. In concreto, questo sistema richiede un elevato consumo di gas affinché gli utenti riescano a portare a termine il loro mining, ovvero la creazione di un nuovo blocco da aggiungere alla blockchain. In questo modo la convalida delle operazioni richiede non solo elevate commissioni per il gas ma anche tempo.

Tale aspetto è cruciale però per l’utilizzo di una criptovaluta: basse commissioni e velocità sono i primi due lati che gli utenti prendono in considerazione. Ricordiamo poi che sia la proof of work che la proof of stake sono meccanismi di consenso, ovvero modalità attraverso cui le transazioni vengono convalidate e accettate. Mentre nei sistemi centralizzati c’è un solo soggetto che detiene i dati e che opera, nei sistemi centralizzati tutto viene condiviso con i partecipanti alla rete.

La proof of stake e la nuova Ethereum, spiegate semplicemente

Anche se la proof of work ha i suoi aspetti da migliorare, non è sicuramente una tecnologia che va messa in cantina. Tra i suoi vantaggi c’è il livello di sicurezza, tra i più alti nel settore delle criptovaluta. Per questo sono ancora in molti a sostenerla, inclusi i developer di Ethereum. Ecco quindi che ad agosto è avvenuta l’hard fork di Londra su Ethereum, che ha dato vita a Ethereum 2.0, o Serenity, ed Ethereum Classic.

La differenza sostanziale sta nel meccanismo di consenso, che diviene proof of stake. Cosa cambia, in buona sostanza? La differenza è rilevante: nella proof of stake, affinché le transazioni vengano validate è sufficiente che l’utente dimostri di possedere una determinata quantità di una determinata crypto, in questo caso di Ethereum. Non c’è bisogno di risolvere quei quesiti matematici tipici invece della proof of work, sicuramente più impegnativi in termini di fatica, tempo e investimento in gas. La differenza per l’utente è quindi subito tangibile, e si intuisce come mai queste due modalità diverse abbiano dato vita a disaccordi non conciliabili.

Il futuro di Ethereum

Che si aderisca all’una o all’altra versione, il valore Ethereum sembra avere un’unica direzione, che è quella del trend in aumento. Il fatto di poter scegliere se comprare Ethereum in ETH 2.0 o Classic ha dato un bel vantaggio competitivo a questa blockchain rispetto ad altre crypto. Inoltre, un investimento non esclude l’altro, dal momento che entrambi hanno dei punti di forza. Un altro aspetto che va considerato di Ethereum, anche a seguito di questa decisione, è la sua politica deflattiva: anche se nessuna crypto è al 100% esente dal rischio di inflazione, quest’ultima è decisamente meno rilevante che nelle valute tradizionali.

A causa della pandemia di Covid 19 abbiamo potuto toccare con mano come il fenomeno inflazionistico sia uno degli spettri che si aggirano più spesso nelle economie tradizionali. Ma Ethereum è un sistema che presta molta attenzione anche a questo, dato che provvede al burning (ovvero alla distruzione) periodico di token, non appena il numero in circolazione superi una determinata soglia.