Effetti del vino sulla salute sia a breve che a lungo termine

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La parola vino deriva dal latino vinum e si riferisce al prodotto alcolico ottenuto a partire dall’uva senza aggiungere zuccheri, acidi, enzimi, acqua o qualsivoglia altro nutriente.

Differenti tipi di uva e lieviti producono differenti tipi di vino, le cui variazioni si ottengono dalle varie e complesse interazioni biochimiche che si producono in base alla fermentazione. A seconda del paese di produzioni vengono definite specifiche denominazioni (ad esempio DOC – DOP) che assumono valore legale poiché destinate a riconoscere universalmente il prodotto come frutto di lavorazioni specifiche, proprietà e qualità standardizzate; una denominazione, generalmente, è assegnata a partire dal luogo geografico in cui il vino sia stato prodotto oltre che in base al tipo di uva utilizzata.

Esistono varietà di vino non ottenute dall’uva, bensì dal riso e dalla frutta.

La storia

Nel corso del tempo, il vino ha assunto ruoli sociali di elevato spessore, basti pensare al suo indissolubile rapporto con il Cristianesimo, in cui il vino rosso rappresenta il sangue di Cristo in un contesto simbolico ricco di valori per oltre due miliardi di fedeli al mondo.

Le prime vere e proprie testimonianze archeologiche e soprattutto botaniche dell’impiego del vino risalgono al 6000 a.C. dove, nell’area che comprende attualmente l’Armenia e l’Azerbaigian, pare vi siano state le prime produzioni. Il primo vero e proprio impianto di produzione conosciuto è conosciuto come Areni-1, situato in Armenia e datato per avere circa 6100 anni.

La massiva diffusione del vino verso ovest, distanziandosi sempre più dal medio oriente in cui già era crescente la tendenza a produrre “vini alternativi” a base di riso, pare sia pervenuta dai fenici che sarebbero stati a tutti gli effetti i primi veri grandi commercianti di questo prodotto.

Importanti riferimenti letterari riguardanti il vino sono contenuti anche all’interno delle opere di Omero e in quelle risalenti all’antico Egitto, in cui, ad esempio, non erano rari ritrovamenti di anfore di vino (ne è un pratico esempio il ritrovamento i 36 anfore nella tomba del re Tutankhamon); anche la Cina, inoltre, è stata testimone di un largo impiego di questo prodotto, a partire dal 1000 a.C.

Un approccio molto più “imprenditoriale”, secondario a quello dei fenici, riguardante il vino, fu adottato dai Romani: questi furono i primi a strutturare le vigne in modo tale da intensificare la produzione in virtù della commercializzazione. Le vigne venivano impiantate nei pressi delle guarnigioni in modo che si limitassero i costi di trasporto e il vino venisse prodotto e rivenduto localmente. La larghissima diffusione del vino in ambito ecclesiastico ha seguito il corso imposto dall’impero Romano che lo produceva, tuttavia la Francia con i suoi monaci ha imposto la cultura del vino invecchiato in seguito all’affermarsi della pratica perpetrata dagli stessi monaci all’interno delle caverne e delle cantine dei propri monasteri.

Classificazione

In genere, la classificazione del viene viene fatta in base a parametri specifici che in Europa seguono criteri geografici e nel resto del mondo in base al tipo di uva di partenza (almeno a grandi linee è così). Anche se i vini maggiormente riconosciuti come qualitativamente validi sono perlopiù provenienti da regioni europee anche se di recente appaiono come validi anche quei vini provenienti da altre località: la California, l’Oregon, lo stato di Washington, l’Australia meridionale, il Galles, l’Argentina, il Cile, il Brasile, la Nuova Zelanda ed il Canada.

Alcuni vini sono ufficialmente riconosciuti in base al proprio marchio grazie a proficue campagne di marketing capaci di veicolare il brand come vero e proprio standard qualitativo indipendentemente dalle metodiche e regioni di produzioni.

Annate

I vini d’annata vengono generalmente imbottigliati in un unico lotto in modo che il sapore sia uniforme. L’impatto che il clima ha sul vino è tale da far sì che differenti annate dello stesso vigneto possono avere variazioni notevoli sia sotto il profilo del sapore che della qualità. I vini migliori, anche appartenenti alla stessa linea di produzione (altrimenti detti vini d’annata), vengono prodotti negli anni migliori rispetto alla media (ne è un esempio il Bruello).

Per mantenere uno certo standard qualitativo e gustativo, numerose aziende vinicole mescolano vini non millesimati provenienti da più di una vendemmia, in modo tale da ottenere un profilo affidabile sul piano della comunicazione e coerente nel sapore anche negli anni cattivi. Il bevitore medio non riconosce, secondo alcuni studi, l’annata; preferisce piuttosto assegnare valore al brand.

Usi culinari

Oltre ad essere una bevanda popolare utilizzata in momenti di convivio al solo fine di ottenere un aumento del tasso alcolico nel sangue e favorire l’euforia, il vino viene utilizzato per accompagnare i pasti e arricchire il sapore dei cibi. È usualmente utilizzato anche come vero e proprio condimento sia nelle cucine più semplici e tradizionali che nelle più sofisticate. Esistono vini maggiormente adatti ai secondi piatti di carne o pesce, altri più adeguati ai dolci, altri ancora ai formaggi. Inteso come aromatizzante, il vino assume notevole importanza grazie alla sua acidità che ben bilancia l’equilibrio eccessivo di alcuni piatti.

La figura di riferimento nel consigliare i giusti abbinamenti tra cibo e vino, nei ristoranti di alta classe, è il sommelier.

I vini naturali possono presentare gradazioni distanti tra loro, a partire dal 9% e anche meno fino ad oltre il 16%, con la maggior parte dei vini che si collocano tra i 12,5 e i 14,5 percentili. Esistono tuttavia dei vini rinforzati con brandy che arrivano anche al 20% di gradazione alcolica.

Gli effetti del vino su corpo e mente

Non sono affatto poche le testimonianze mediche, e non solo, a proposito del mantenimento di un buono stato di salute grazie alle buone abitudini alimentari; tra queste spicca l’indicazione di assumere una quotidiana e moderata dose di vino (preferibilmente rosso). Gli effetti benefici sarebbero davvero molti e la maggior parte di essi riguardanti la circolazione sanguigna.

Naturalmente è opportuno conoscere tutti gli effetti del vino sull’organismo, quando sia consigliato assumerlo in quantità minime e quando sia tollerata l’eccezione in eccesso. Gli effetti del vino sono naturalmente distinguibili in effetti a breve e lungo termine, vediamo come considerarli.

Effetti a breve termine

Per capire quali effetti il vino può avere sul nostro corpo dobbiamo necessariamente comprendere cosa sia l’alcol etilico, la sostanza chimica contenuta nel vino, anche presente in birra e distillati vari, in grado di interagire con il nostro corpo favorendo lo stato di “ubriachezza” ed euforia.

Diverse concentrazioni di alcol etilico nel sangue, successivamente al suo transito nell’apparato gastrointestinale e alla sua assimilazione, hanno differenti effetti a seconda della persona presa in analisi. Anche se la tolleranza di ogni soggetto può essere variabile, gli effetti a breve termine sono strettamente correlati alla quantità di vino assunto dal soggetto specifico e alle condizioni di partenza (è notevolmente variabile la tolleranza all’alcol in base a se il soggetto bevitore abbia completato o meno un pasto e dunque assuma vino o altri alcolici a stomaco vuoto).

A livello psicologico l’effetto più evidente consiste nell’aumento dello stato di euforia e nell’abbassamento dell’inibizione sociale: i soggetti ubriachi sono maggiormente disinibiti. Ad aumentare è anche la fiducia in sé stessi con conseguente migliora propensione alla socializzazione. L’ansia, al contrario di quanto venga spesso testimoniato, è anch’essa ridotta, così come la paura.

Il colorito di chi assume vino rapidamente è rossastro, una persona brilla o ubriaca ha generalmente il volto rosso. Il giudizio può risultare alterato così come alterata è la coordinazione che peggiora man mano che il tasso alcolemico nel sangue aumenti; ovemai quest’ultimo dovesse raggiungere livelli preoccupanti, superiori a 0,30%, può presentarsi uno stato di profonda confusione mentale e conseguenti disturbi del linguaggio, viene meno l’equilibrio manifestandosi in soggetti barcollanti, si presentano vertiginivomito.

Quando il tasso alcolemico nel sangue supera 0,40% si presentano stuporeperdita di coscienzaamnesia anterograda; in questo caso è fondamentale prestare attenzione a qualsiasi circostanza poiché potrebbero sopraggiungere difficoltà respiratorie in seguito a inalazione del vomito a causa di una cattiva percezione di sé del soggetto ubriaco che, in alternativa, potrebbe presentare depressione respiratoria, anch’essa pericolosa per la vita. Quando il tasso alcolemico sia addirittura superiore a 0,40%, fino a valori di 0,80%, la possibilità di entrare in coma etilico diventa piuttosto elevata e concreta, come concreto è il rischio di avvelenamento da alcol.

Naturalmente, salvo una buona propensione del soggetto all’assunzione di vino, e salvo bassissimi livelli di alcol nel sangue, ogni alterazione dello stato di coscienza secondaria all’assunzione di vino è pericolosa per la vita qualora ci si ponga in situazioni che richiedono alti livelli di concentrazione come: la guida o l’utilizzo di macchinari pesanti.

Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine, come segnalato all’inizio dell’articolo, bere una quantità moderata e regolare di vino rappresenta una pratica apparentemente associata alla diminuzione del rischio di differenti patologie a carico del sistema cardiocircolatorio come malattie cardiacheictusdiabete mellito.

In modo diametralmente opposto, un’esasperata assunzione di vino (dunque di alcol), sarebbe indice di aumento di rischio riguardante malattie cardiachepressione altaictus.

L’eccessivo consumo di alcol e la dipendenza ad esso associata sono definite in un unico termine: alcolismo. Un alcolista, in linea con la definizione medica del termine, è appunto una persona che consuma grandi quantità di alcol, per lunghi periodi di tempo, che abbia difficoltà a ridurre l’assunzione e impieghi gran parte del suo tempo in questo modo, giungendo a drammatiche conseguenze come: la riduzione e successiva difficoltà d’inserimento in contesti sociali svincolati dal contesto, il mancato adempimento delle responsabilità sociali e lavorative e le problematiche fisiche e salutari collegate all’alcol.

È inoltre importantissimo considerare che le quantità di alcol in grado di inficiare le funzioni corporee, dopo lunghi periodi di tempo passati a bere, sono grossomodo standardizzate per chiunque, a differenza di quelle necessarie a indurre fenomeni psicologici; questo vuol dire che man mano che la tolleranza all’alcol aumenti, favorendo una migliore risposta delle funzioni cognitive a quantità sempre maggiori di vino, i danni da questo causati al corpo si intensificheranno di pari passo all’aumentare delle quantità assunte.

L’alcolismo riduce l’aspettativa di vita di una persona che ne sia affetta di circa 10 anni, rappresentando inoltre la terza causa di morte prematura negli Stati Uniti. Oltretutto, nonostante siano moltissime le proprietà benefiche dell’alcol, in contrapposizione a questa affermazione non esistono associazioni mediche che consiglino ai NON-bevitori di iniziare ad assumere regolarmente anche piccole quantità di vino.

Un’altra preoccupante conseguenza dell’assunzione smodata di vino nel tempo è la cirrosi epatica e tutte le malattie del fegato.

Oltre a poter causare “ex novo” una condizione patologia, bere regolarmente vino in grandissime quantità può dimezzare il tempo di insorgenza della cirrosi in un paziente già affetto da epatite virale cronica (da circa 20-30 anni a 10-15 anni). Si considera potenzialmente dannosa un’assunzione di più di 50 g di alcol al giorno per anni ed anni, tenendo presente che un bicchiere di vino (da 125 mL) ha un contenuto di circa 10 grammi di alcol.