Colon irritabile: cause, sintomi, cura e corretta alimentazione

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La sindrome dell’intestino irritabile, talvolta indicata come colonpatia funzionale, colite spastica o con l’acronimo SII (o IBS, dall’inglese irritable bowel syndrome), consiste in un complesso di disturbi frutto di un malfunzionamento cronico dell’apparato digerente (in particolare del colon), tale da indurre una serie di sintomi di gravità moderata, ma dalla fastidiosa e spesso dolorosa insorgenza.

Risalire alle cause scatenanti di questa sindrome non è compito facile, e la scarsa distintività e specificità dei suoi sintomi non dà una mano in quella direzione. L’esperienza ha tuttavia messo in luce tutta una serie di abitudini e accorgimenti che appaiono utili a garantire, a noi e a “lei”, se non proprio un cessate il fuoco, quantomeno una sorta di strategica convivenza.

Sintomi e diagnosi del colon irritabile

Come si è detto, non sembrerebbe esistere una fenomenologia di sintomi tale da rendere certa e univoca la diagnosi di colon irritabile, né tantomeno intuitiva la sua prevenzione. Si tratta infatti di sintomi piuttosto comuni, che risulta complicato discernere da quelli di altri disturbi come celiachia e polipi del colon, o di altre affezioni infiammatorie intestinali quali il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. La presenza di anomalie di carattere solo funzionale (dunque non anatomico) negli organi interessati differenzia inequivocabilmente la sindrome del colon irritabile da malattie infiammatorie e da malformazioni dalla sintomatologia affine, come l’angiodisplasia, restringendo il campo d’indagine e cionondimeno al contempo complicandolo, con l’eliminazione di qualunque tipo di indizio.

Tagliando corto, non abbiamo “in mano” che i sintomi – ma vedremo di farceli bastare: le modalità diagnostiche privilegiate per la IBS sono di fatto quelle della diagnosi differenziale, ci toccherà cioè ragionare come Sherlock Holmes – vale a dire per esclusione, ipotizzando la presenza della malattia solo dopo aver preso in considerazione, e scartato a ragion veduta, tutte le possibili patologie direttamente correlate ai sintomi accusati. Ciò può essere fatto non trascurando la necessità di una meticolosa anamnesi, cioè l’indagine accurata della nostra storia clinica, dopodiché… una volta scartato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità.

I sintomi che vengono presi tipicamente in considerazione in tal senso includono dolore (con crampi e fitte all’addome, più frequentemente al fianco destro), stitichezza e/o diarrea, spesso compresenti con ritmo alternato, meteorismo e gonfiori addominali, variazioni nella forma e nella consistenza delle feci o presenza di muco commisto a queste ultime (si parla in tal caso di mucorragia). Per motivi ancora non chiariti, la malattia può associarsi inoltre a problemi di natura psicologica, come ansia, depressione e disturbi di personalità.

Un consiglio internazionale di specialisti ha definito una sorta di sistema di catalogazione per meglio identificare e diagnosticare i disordini funzionali gastrointestinali: si tratta dei cosiddetti criteri ROME (o ROMA). In accordo coi parametri stabiliti dalla convenzione, un paziente può considerarsi affetto dalla sindrome del colon irritabile qualora sperimenti per un periodo di almeno tre mesi (dodici settimane) in maniera più o meno continuativa almeno due di questi tre fenomeni:

  • disagio o dolore addominale con dolore alleviato con la defecazione;
  • disagio o dolore addominale con esordio associato a un cambiamento nella forma delle feci;
  • disagio o dolore addominale con esordio associato a un cambiamento nella frequenza delle feci,

in associazione ad almeno uno dei seguenti:

  • frequenza di evacuazione anormale (intendendiamo per anormale un ritmo superiore alle tre evacuazioni al giorno e inferiore alle tre a settimana);
  • passaggio delle feci anormale (sforzo, urgenza, o sensazione di evacuazione incompleta);
  • feci di forma o consistenza anormale;
  • gonfiore o sensazione di distensione addominale;
  • emissione di muco  durante la defecazione, che conferisce alle feci una consistenza gelatinosa e una colorazione giallognola.

Molti pazienti riferiscono la presenza di feci verde scuro o di ulteriori inconsuete tonalità: si ritiene tuttavia che questo inconveniente vada imputato principalmente al regime alimentare sostenuto, e non designi una relazione lineare con la patologia in esame. Si è detto inoltre di come sia opportuno considerare questi sintomi solo dopo aver escluso l’occorrenza di altre patologie, che potrebbero essere ben più gravi benché spesso facilmente riconoscibili in quanto accompagnate da alcuni sintomi supplementari. È da scartare in ogni caso l’ipotesi che la IBS possa preludere a, o persino favorire, la comparsa del tumore del colon o di una qualsivoglia alterazione anatomica dell’intestino – eventualità da considerare invece nel caso delle sopra citate patologie infiammatorie.

Possibili cause del colon irritabile

Si è già fatto cenno a come le cause di questa patologia non siano state ancora del tutto chiarite, in ragione di ciò ci si limiterà in questa sede a far riferimento ad alcune ipotesi non ancora confermate né smentite. Quel che si osserva è che il disturbo del colon irritabile colpisce più di frequente le femmine che i maschi, sia per quanto riguarda gli adulti che per i bambini, ed è correlato a un mix di diversi fattori, che spaziano dalle abitudini alimentari a una generica predisposizione generica, dall’emotività allo stile di vita più o meno sedentario.

Secondo una delle teorie attualmente più accreditate, le cause andrebbero ricercate in una anomala comunicazione tra encefalo, fibre nervose che innervano l’intestino e muscolatura liscia intestinale, il cui compito è coordinare, mediante contrazioni ritmiche del tutto involontarie che prendono il nome di peristalsi, il transito del cibo digerito attraverso l’intestino. Diversi altri studi indicano invece una maggiore sensibilità del colon in soggetti predisposti, che sfocerebbe in reazioni anomale in determinate circostanze per così dire “a rischio”, correlate alla presenza di alcuni elementi che facciano in qualche modo da detonatori – tra cui:

  • situazioni di eccessivo stress, di ansia o depressione;
  • assunzione di particolari cibi o alimenti, come latte, cioccolato, caffè, tè, birra e bevande alcoliche, zucchero (in particolare sorbitolo e fruttosio, contenuti prevalentemente nella frutta e in alcuni ortaggi) o bevande zuccherate, cibo piccante o speziato;
  • alterazioni ormonali, ad esempio quelle comportate dal ciclo mestruale: la relazione fra IBS e mestruazioni renderebbe così anche conto della più spiccata vulnerabilità femminile a questo disturbo, non di rado evidenziato (e similmente spiegato) anche nelle donne incinte: in particolare, in caso di gravidanza, ci sarebbe anche da considerare la pressione esercitata sull’intestino dall’utero, che potrebbe di fatto alterarne la funzionalità.
  • gli esiti di alcune forme di gastroenterite virale o batterica.

È controverso il discorso riguardante il ruolo giocato da alcune categorie di medicinali. C’è chi raccomanda ad esempio l’assunzione di FANS (che hanno azione sia analgesica sia antinfiammatoria, come ibuprofene o ketoprofene – per intenderci, ci riferiamo all’Oki) o paracetamolo (la tachipirina) con intento terapeutico per il trattamento diretto del colon irritabile, o comunque per contrastarne gli effetti negativi (tenendo per esempio a bada il fastidio procurato e innalzando vantaggiosamente la soglia del dolore in casi di acutizzazione); dall’altra parte vi è però chi sostiene che una inidonea somministrazione di talune categorie di farmaci, fra cui antibiotici (come rifaximina) e per l’appunto FANS, antidepressivi, corticosteroidi e pillole anticoncezionali, si iscriva a pieno titolo nell’elenco delle circostanze “a rischio” di cui sopra, determinando o contribuendo a determinare in modo non trascurabile l’insorgere e il permanere del disturbo.

Curare il colon irritabile

Veniamo così alla parte più attesa, quella cioè per cui molti di voi potrebbero essere giunti sin qui. È necessario tener conto di quanto detto riguardo alle origini della colite spastica, di come la mancanza di cause accertate determini in qualche modo l’assenza di certezze anche per quanto riguarda il rinvenimento di una terapia risolutiva: allo stato attuale non si è ancora in grado di indicare una soluzione che ci liberi una volta per tutte del problema – però attenzione, ciò non vuol necessariamente dire che non si possa far qualcosa per contrastare gli effetti della malattia da un punto di vista meramente sintomatico, risolvendosi se non altro a migliorare la qualità della propria vita (e della propria digestione).

In un certo senso la soluzione c’è: facendo riferimento ai diversi “detonatori” di cui sopra, è possibile costruire una specie di vademecum che guidi nell’assunzione di uno stile di vita tale da ridurre al minimo l’occorrere di particolari situazioni di rischio, nei termini di un piano dietetico appropriato, che metta al bando tutti quegli alimenti sospettati di concorrere all’insorgere dei sintomi citati – ma anche col ricorso a un’efficace terapia antistress e l’adozione di un adeguato regime in merito al riposo notturno, accompagnato a un impegno serio e costante nell’attività fisica (non necessariamente in palestra), i cui innumerevoli benefici sono ravvisabili nella riduzione dello stress e della depressione, la facilitazione di una adeguata motilità intestinale e l’induzione di un generale senso di benessere interiore in virtù del rilascio di diversi ormoni e neurotrasmettitori.

Il discorso relativo alla corretta alimentazione merita com’è intuibile una attenzione particolare. È possibile in primo luogo scandagliare le diverse manifestazioni del disturbo per progettare un diverso piano dietetico a seconda delle necessità poste da ciascun caso specifico. Vediamo allora quali sono i cibi vietati, sconsigliati o comunque da evitare, e quali quelli che possiamo continuare (o iniziare) a mangiare in serenità.

Colon irritabile: dieta e corretta alimentazione

Se il problema lamentato ha a che fare con un certo meteorismo e gonfiore addominale, la priorità diviene l’esclusione dal proprio regime alimentare di tutti quegli alimenti che contribuiscano a produrre gas nell’intestino, “movimentando” la digestione, come le già citate bevande zuccherate, i legumi, i cavoli e cavolfiori, i broccoli, la frutta non matura.

Per chi denunciasse problemi di stipsi, vale a dire di stitichezza, il consiglio è di aumentare il consumo di alimenti contenenti fibre solubili, fra cui ricordiamo l’orzo, l’avena, la segale, frutta e tuberi come carote e patate. È inoltre consigliato bere molta acqua, pratica indicata (alquanto controintuitivamente) anche nella situazione opposta, cioè nel caso di dissenteria, o diarrea, in quanto d’importanza primaria per scongiurare il rischio di disidratazione. In questo caso può portare inoltre giovamento una minore assunzione di fibre insolubili, contenute nei cereali, nella crusca e nel pane integrale, e di alimenti contenenti glutine, benché vada precisato come il dibattito sull’implicazione di quest’ultimo sulla sintomatologia della colonpatia sia ancora tutt’altro che concluso.

Per contrastare i sintomi correlati all’ansia, infine, gli esperti raccomandano di ridurre il consumo di caffeina (dunque caffè e tè).

In generale, è consigliabile il consumo di frutti quali banane e avocado, ma anche fiocchi d’avena, pasta, kefir, salmone, mandorle, olio di lino e di noci, yogurt arricchito con probiotici. Questi ultimi, nella fattispecie di lattobacilli e bifidobatteri, limitano la produzione di gas, attenuano il gonfiore e leniscono i dolori addominali. Si può anche ricorrere a integratori presenti in commercio come Kijimea, o prodotti analoghi per l’integrazione di fermenti lattici vivi ad alta concentrazione di lactobacillus acidophilus, o di vitamine del complesso B.

Rimedi naturali per il colon irritabile

Va ribadita la presenza in commercio di diversi farmaci già in grado di trattare i malesseri da colon irritabile in maniera accettabile: si tratta perlopiù di antispastici e anticolinergici, ma anche di antidepressivi, come la clomipramina, o della semplice loperamide (imodium) usata nei casi di dissenteria. Tuttavia, è nell’interesse del nostro sito provare a far luce su vie alternative, e ciò impone, prima di concludere, un’ultima furtiva occhiata a ciò che possiamo ottenere dai rimedi naturali e fitoterapici.

Un primo ottimo consiglio pervenutoci dalla fitoterapia fa riferimento all’estratto fluido di gramigna, pianta ricca di flavonoidi, sali minerali quali ferro e potassio e vitamina A e vitamine del gruppo B. Un preparato dalle notevoli proprietà sedative è invece l’estratto di escolzia, particolarmente efficace se consumato in associazione con yogurt o kefir arricchiti con probiotici. Tra i preparati fitoterapici sono infine inclusi i funghi medicinali, dotati di proprietà antinfiammatorie e di rigenerazione della mucosa intestinale.

Non possiamo poi esimerci dal menzionare la camomilla, che riequilibra la flora batterica e ha azione spasmolitica e carminativa (tiene cioè a bada i gas prodotti nella digestione). Proprietà analoghe sono rintracciabili nella menta piperita, nella melissa, nell’angelica, nel mirtillo rosso – senza dimenticarci, infine, dell’aiuto fornito al colon (e all’organismo in generale) dall’assunzione di mezzo bicchiere di acqua calda e limone al mattino appena svegli: banale quanto efficace.

Come si è detto (o provato a dire), siamo in un campo di cui non si sa mai abbastanza, dove l’osservazione o l’intuizione di un attimo, avuta magari una mattina a colazione (o, perché no, nella penombra del proprio gabinetto, per quanto comico possa apparire), può talvolta valere come e più di vent’anni di ricerca in laboratorio. Questo per spronarvi a tirar fuori e confrontare le vostre esperienze, i vostri rimedi, le vostre ricette: il colon irritabile è un nemico che si può combattere.