Cosa è la catena del valore di un’impresa

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La catena del valore di Porter permette di valutare l’apporto che forniscono le diverse attività alla formazione del valore dell’output offerto sul mercato: questo viene anche sottolineato dall’economista Grant agli inizi degli anni 90, sostenendo come sia utile, nella formazione di una strategia, uno schema di analisi finalizzato all’individuazione delle competenze basato sulla catena del valore di Porter.

L’articolazione di ogni attività in competenze e risorse permette di valutare, infatti, la posizione competitiva dell’impresa in un determinato business e offre anche indicazioni utili in merito alla possibilità di esternalizzare attività per le quali non si possiedono e non sembra opportuno acquisire competenze distintive.

Cos’è nello specifico la catena del valore

La catena del valore è uno strumento concettuale che consente di interpretare l’impresa dividendola in attività elementari, generatrici di valore, definite da Porter come:

i blocchi costitutivi con i quali l’impresa crea un prodotto valido per i suoi compratori;

Si evidenzia il contributo che ciascuna operazione (o anche attività, processo) conferisce alla creazione di valore per il cliente, che rappresenta la leva sulla quale bisogna puntare per costruire il vantaggio competitivo.

La rappresentazione dell’impresa come catena del valore permette di condurre un’analisi strategica focalizzata sull’ambiente interno, esaminato nelle sue attività fondamentali che, combinate tra loro, danno luogo alle più tradizionali funzioni d’impresa.

Va notato, inoltre, che la rappresentazione dell’impresa come catena del valore consente anche di evidenziare come effettivamente opera l’impresa, a livello di singole attività elementari e in funzione dei collegamenti esistenti tra esse e tra i diversi processi aziendali; consente di comprendere la natura delle relazioni che si generano tra l’impresa e le altre organizzazioni che operano nell’ambiente competitivo, come i concorrenti, gli acquirenti e i fornitori.

Sulla base di queste caratteristiche, lo strumento della catena del valore è funzionale a due momenti essenziali del governo strategico dell’impresa:

  • il momento dell’analisi,
  • il momento dell’attuazione.

Con riferimento al momento dell’analisi, la catena del valore diventa lo strumento analitico che consente, tramite una scomposizione del sistema azienda nelle sue unità elementari, di individuare:

  • i punti di forza, vale a dire la base per il conseguimento di un vantaggio competitivo sostenibile;
  • i punti di debolezza, cioè le attività che, essendo contraddistinte da livelli insoddisfacenti di efficienza/efficacia, spiegano una posizione competitiva debole o che potrebbero determinarla in futuro.

Attraverso l’esame comparativo, rispetto ai concorrenti, dei punti di forza, che rappresentano le fonti del successo strategico dell’impresa, e dei punti di debolezza, l’impresa può individuare le scelte strategiche da intraprendere.

Con riferimento al momento dell’attuazione della strategia, la catena del valore evidenzia il collegamento esistente tra gestione strategica e gestione operativa. Infine, in un’ottica sistemica, l’analisi della catena del valore di un’impresa permette di evidenziare alcuni nodi cruciali che il management strategico deve affrontare nella formulazione degli obiettivi da perseguire: i rapporti impresa-ambiente, nell’ottica dell’impresa come sistema aperto, e i processi di generazione della conoscenza, in un’ottica focalizzata sull’impresa come sistema cognitivo, al fine di comprendere quali siano le risorse e competenze di cui necessita l’impresa per il perseguimento degli obiettivi strategici prefissati; quali siano le relazioni intra organizzative che caratterizzano l’impresa come sistema complesso, al fine di ricercare quei meccanismi di coordinamento che meglio possono ridurre i livelli di complessità gestionale.

Le attività primarie e di supporto

La catena del valore segmenta l’attività dell’azienda in attività elementari, ovvero in attività che non possono essere ulteriormente suddivise.

Porter ha suddiviso queste attività in due grandi categorie:

  • attività primarie,
  • attività di supporto.

Le attività primarie descrivono momenti definiti del processo di acquisizione degli input, di trasformazione, di distribuzione e di assistenza post vendita. Esse sono poste in sequenza tecnica secondo un verso che rappresenta graficamente il percorso che le materie prime e i semilavorati affrontano per essere valorizzati sul mercato di sbocco, senza meccanismi di feedback o di controllo esplicitati.

Le attività di supporto identificano l’attività del management finalizzata allo sviluppo delle risorse più complesse e fungono da meccanismi di integrazione e di collegamento tra le attività primarie.

Per ogni attività, si può individuare il contributo al margine analizzando come essa interviene nella creazione del valore e quali sono i costi che la caratterizzano, in una prospettiva di pianificazione; infatti, la catena del valore indica al manager come è possibile intervenire, attività per attività, per aumentare il profitto aziendale adottando una strategia che abbia come obiettivo il raggiungimento di un vantaggio competitivo difendibile e duraturo.

Il vantaggio competitivo si può conseguire sia ottimizzando la gestione delle diverse attività, in modo da ottenere un risparmio di costi in quelle collegate, sia coordinando la realizzazione delle varie attività, per esempio dal punto di vista temporale.

Le cinque categorie delle attività primarie

In un quadro di sintesi, le attività primarie si possono distinguere in cinque categorie:

  1. logistica in entrata: riguarda il ricevimento, il magazzinaggio e la distribuzione degli input. Ad essa vanno imputati i costi relativi alle quote di ammortamento o ai fitti passivi dei magazzini, quelli relativi alla gestione delle scorte e al trasporto dai magazzini di stoccaggio alla fabbrica. Sono, inoltre, da imputare i costi del personale addetto alla logistica in entrata e gli eventuali ricavi conseguiti fittando alcune parti dei magazzini di stoccaggio a terzi;
  2. attività operative: riguardano la trasformazione degli input in output. Esse includono le attività di fabbricazione prodotti e componenti, di collaudo e i controlli di qualità, di gestione e manutenzione impianti. Sono attribuiti a questa funzione tutti costi relativi agli input (forza motrice, materie prime, semilavorati…), agli impianti (ammortamenti e fitti passivi) e al personale impegnati in queste attività;
  3. logistica in uscita: riguarda la raccolta, il magazzinaggio e la distribuzione dei prodotti sui mercati di sbocco. Essa include le attività di magazzinaggio dei prodotti finiti, di gestione dei materiali, di gestione dei vettori di consegna. Sono, inoltre, da imputare i costi del personale addetto alla logistica in uscita e, come già detto per la logistica in entrata, gli eventuali ricavi conseguiti fittando alcune parti dei magazzini di stoccaggio a terzi;
  4. marketing e vendite: riguardano tutte le attività del marketing operativo, dirette ad anticipare ed interpretare le tendenze del mercato come la gestione della pubblicità, delle promozioni, della forza vendita, la scelta dei canali, la determinazione dei prezzi;
  5. servizi: comprendono tutte le attività finalizzate a migliorare o a mantenere il valore dei prodotti.

Le quattro categorie delle attività di supporto

  1. attività infrastrutturali: riguardano le attività poste in essere dai policy maker e dagli organi tecnico-amministrativi dell’impresa nelle aree della programmazione, della finanza, dei sistemi informativi, dei servizi legali. Ad esse vanno imputati i costi che l’impresa sostiene per il funzionamento degli uffici amministrativi, finanziari. Secondo la professoressa Calvelli tuttavia Porter ha commesso un errore inserendo in questa categoria la “finanza”, ma la finanza non può essere imputata nella catena del valore perché fa parte della gestione non caratteristica dell’azienda. Mentre nella catena del valore vanno imputati soltanto i costi e i ricavi relativi alla gestione caratteristica dell’impresa;
  2. gestione delle risorse umane: comprende l’insieme delle politiche e pratiche di reclutamento, selezione, addestramento e formazione del personale impiegato all’interno dell’organizzazione, ai diversi livelli gerarchici. Essa, pertanto, rappresenta un’attività cruciale per la creazione e lo sviluppo del “capitale sociale” e dei processi di apprendimento che, attualmente, in un’economia basata sulla conoscenza, sono strettamente interrelati all’innovazione e alla competitività delle imprese;
  3. sviluppo della tecnologia: riguarda tutte le attività finalizzate al cambiamento innovativo di prodotti, processi, funzioni aziendali;
  4. approvvigionamento: ha il compito di individuare e quantificare i flussi di materie prime e di semilavorati da introdurre nel processo produttivo, attraverso un’azione di selezione dei fornitori e una programmazione degli acquisti che sia coerente con la politica delle scorte perseguita dall’impresa in funzione dei ritmi della produzione.